sabato 19 febbraio 2011

(piccola parentesi ad alto tasso glicemico)

"La sera di quel giorno, di martedì, una persona mi ha detto: -Quando sei uscito da quelle quinte e sei andato verso il microfono mi sembravi un bambino piccolo piccolo vestito di blu. E io pensavo- diceva quella persona -adesso è là ed è solo, non ci sono più io, è solo davanti a tutta quella gente… e se non lo capiranno?- Ed io adesso rispondo a questa persona: io non sono mai stato solo, perché avevo un filo che mi legava continuamente a te, e non me ne fregava niente se non mi capiva nemmeno una persona, mi bastava che mi capissi tu, come hai fatto per trent’anni. Grazie amore mio”.

Non sono quella che si potrebbe esattamente definire una ragazza sentimentale. Non sono sensibile al fascino delle romanticherie, nè cinematografiche, nè musicali nè esistenziali. Sono una di quelle che odiano le rose rosse, gli anelli di fidanzamento e i balli lenti, per intenderci.
Ma stasera nella mediocrissima televisione italiana (non che quella francofona sia migliore, per carità) è passato questo signore (che adoro da quando ero bambina) che mi ha fatto commuovere. Perchè è bastato affacciarsi appena nei suoi occhi umidi per vedere come certi fili vecchi di trent'anni ci possano tenere ancora stretti stretti, vicini come a quel concerto sulla spiaggia di tanto tempo fa... perchè c'è solo da sperare che quei cinquanta secondi colmi di tenerezza ci saranno anche per me e per Arturo, tra 20 anni, in un giorno qualunque, in un momento qualunque.
(e poi non so a voi ma a me la sua canzone è piaciuta tanto).

mercoledì 16 febbraio 2011

Sulla sfiga e altri demoni

Ho accuratamente evitato di scrivere in questo spazio per ben 9 giorni perchè volevo risparmiare a chi mi leggesse la visione di un post patetico e lamentoso, ma arrivati a 'sto punto...tiè, beccatevelo lo stesso!!!
Tutto comincia la scorsa settimana, in un bel giorno di prematura primavera sulle rive del Grand Fleuve. Andavo trotterellando (sia per quel misto di felicità e leggerezza che ti prende nelle belle giornate soleggiate, sia perchè ero in netto ritardo) verso la mia mattinata di lavoro. Appena varcata la soglia del negozio ho visto la mia responsabile Je sbucare con la testolina dal magazzino e dirmi "Grieta, puoi venire un attimo qui?". Le scuse confuse per il mio quarto d'ora di ritardo vengono stoppate sul nascere da poche parole: "Abbiamo un problema". Il problema è che la sede centrale ridurrà il personale nel nostro negozio. Le possibilità sono due: provare a passare su un contratto a 35 ore (per cercare di restare ancorata al bancone come una patella allo scoglio) o accettare il mitologico "trasferimento ad altra sede". Fuori città. Ora. Io ho un contratto a 24 ore e ancora un anno e mezzo di specializzazione sul groppone. Nessuna delle due soluzioni è accettabile. Lo sappiamo entrambe. Come sappiamo entrambe che a rifiutare un trasferimento per tre volte si vince un licenziamento. Je mi ha detto solo che cercherà di mantenermi sul posto più tempo possibile, ma nel frattempo mi ha consigliato di iniziare a guardarmi intorno. Ottimo. Ma questa ventata di ottimismo e positività non si arresta qui. Perchè lunedì sono arrivati anche i risultati degli ultimi esami di gennaio. E a riguardo dirò solo una cosa, citando la mia compagna Lara: "Quel désastre!!". Una Caporetto su tutti i fronti, condita dall'umiliazione di venire collettivamente rimproverati come scolaretti da quelle becere streghe (leggi: le professoresse specializzatrici), che ci hanno fatto capire chiaramente che per la maggior parte di noi, a specializzazione finita, non ci sarà alcuna possibilità di restare nel dipartimento. E la mazzata finale è arrivata ieri dal mio responsabile di specializzazione, Monsieur Pra, che, nel tentativo non particolarmente riuscito di rincuorarmi mi ha detto: "Cara Grieta, lei mi piace molto, quindi glielo devo dire: finisca l'anno e si trasferisca a Parigi. Qui non ha davvero senso rimanere, almeno non per il nostro ramo.". Ecco.
Non mi sembra il caso di stare qui a parlarvi del mio stato di frustrazione e confusione. Vi dirò solo che ieri pomeriggio giravo per il negozio con una tasca ricolma di cioccolatini di ogni tipo, strafogandomi senza ritegno, incurante di clienti e colleghi (però ho offerto cioccolatini a tutti, neh).

martedì 8 febbraio 2011

Primo giorno

Martedì  8febbraio. Ore 6.00 a.m. Luogo: casa Effe. Ambiente:camera da letto. La casa giace nel più totale silenzio.
La nostra Grieta sta sognando un uomo misterioso che vuol sparare una cannetta di plastica nella tempia di Kenau Reeves. Il disgraziato ingaggia una colluttazione con lo sparacchiatore folle, strilli beduini e mosse di kung-fu si sprecano. Improvvisamente le urla del povero Kenau vengono disturbate da un rumore fastidioso...un cicalino...no, sembra un trillo...una specie di allarme...aspetta che sta diventando una sirena anti-aerei.è il campanello della porta. Non quello di casa Reeves, bensì quello di casa Effe.Grieta apre un occhietto cisposo e guarda Arturo al suo fianco giacere in uno stato che oserebbe definire quasi comatoso. Investita da copiosi spruzzi di spirito di sacrificio decide di alzarsi, per trascinarsi ciabattando fino alla porta e scoprire quale genere di catastrofe globale imminente possa spingere un essere umano a bussare alla porta di un ignaro disgraziato alle 6 del mattino. Il rincoglionimento mattutino le impedisce perfino di focalizzare mentalmente la propria mise(un paio di mutande e una maglietta dei Ramones in technicolor). Aprendo la porta si materializza agli occhi di Grieta un uomo vestito di verde, sul puzzolente andante, con un paio di orripilanti zoccoli di gomma rosa ai piedi. Apendo l'altro occhietto cisposo Grieta riesce a identificarlo con una faccia malauguratamente nota, quella del vicino di casa (che per comodità chiameremo Monsieur Vert). Il buon uomo, con la sua vocetta stridula e sgradevole, inizia a sciorinare una caterva di parole contro la Nostra (che vorrebbe schiantarsi a terra fingendosi morta, ma si astiene). Il signor Verde sostiene, infatti, di non riuscire a dormire a causa della notevole confusione proveniente da casa Effe. Grieta accenna ad un mezzo sorriso per sondare la possibilità che si tratti di uno scemissimo scherzo, che ci sia una telecamera nascosta da qualche parte e che un altro imbeclle possa saltar fuori da un momento all'altro gridando: "C'est une blague!". Ma Monsieur Vert non ride e, a questo punto, nemmeno più Grieta, che invita l'amabile vicino a spiegarle meglio questa simpatica storiella. E l'omino elenca tutta una serie di rumori molesti che proverrebbero dalle quattro mura Effe, tra cui-citerò nell'ordine-:un vociare di tono maschile, il tamburellare di un paio di tacchi di legno e il cozzare di pentolame vario. Tra un rimprovero per i presunti disturbi arrecati negli ultimi quattro mesi e l'altro Grieta (a chiappe praticamente all'aria) viene colta da un raptus nervoso e trascina quel nano da giardino mancato di Mister Green dentro casa. Il becero prova a opporre una flebile resistenza ma viene tirato per un braccio fino alla camera da letto, dove giace l'indecente spettacolo dell'Arturo dormiente. Dopodichè la visita guidata modello"fast and furious" procede fino al mobile delle scarpe per campionare rapidamente gli articoli presenti e constatare che non vi è alcuna traccia di tacchi di qualsivoglia genere (tenuto conto anche che la Nostra è alta centottantatrè centimetri e Arturo non ha propensioni al travestitismo). Il tour si conclude con una visita alla cucina per ammirare i piatti incatastati nel lavello dalla sera prima e con l'accompagnamento di Monsieur Vert (insolitamente taciturno) sull'uscio della porta.Sbam. Grieta si rinfila sotto le coperte, trionfante. Poggia la testa sul cuscino. Chiude gli occhi. Drindrindrindrin.La sveglia.